Descrizione Progetto

L’Aquila, 1920
Quest’opera raffigura un aggressivo nudo femminile alato, colto nell’istante in cui sta per spiccare il volo da una roccia. Il corpo liscio è proteso in avanti ed il piede sinistro è posto di fronte all’altro sul ripido e ruvido picco, in modo da imprimere forza al balzo che la donna sta per intraprendere. La parte superiore del busto è lievemente inclinata a sinistra e la muscolatura e la larghezza delle spalle rispetto ai fianchi donano un forte aspetto androgino a questa figura. La statua presenta un piumaggio, che da dietro esibisce penne corte sui polpacci, le quali diventano più lunghe nel momento che si risale verso le spalle, dove si trasformano in un mantello, diviso in due ali lungo la spina dorsale, che aderiscono sulle braccia, lasciando libere le dita della figura. Il collo della donna è lungo, sporto in avanti e rivolto a sinistra; esso regge la testa, che è girata dalla stessa parte, il cui volto, dai contorni quadrati, è caratterizzato da sopracciglia corrugate su uno sguardo arcigno e aggressivo, fisso su un punto lontano. I capelli, ondulati e lunghi fino alla nuca, sono tirati indietro come se fossero percorsi da una folata di vento. L’opera in bronzo, oggo di collezione privata, su invio dell’autore ha partecipato alla Prima Biennale Romana nel 1921. Datata 1920, la scultura è stata realizzata in un periodo ricco di invenzioni, innovazioni e scoperte tecnolgiche, dove già avevano trovato terreno fertile le avanguardie storiche. Data l’aggressività e la forte componente androgina della figura simbolica rappresentata, è utile riflettere su taluni contenuti teorici del Futurismo. Nel nono punto del “Manifesto futurista” del 1909, Filippo Marinetti dichiara: «Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarii, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna», tre anni dopo Valentine de Saint – Point pubblica la propria risposta a questa affermazione sul “Manifesto della Donna futurista”, dove, in linea con l’artista italiano, esprime lo stesso spirito di rinnovamento nei confronti di un’umanità mediocre, attraverso lo spargimento di sangue, fattore auspicabile e necessario per la nascita di genii ed eroi. A differenza del fondatore del Futurismo la de Saint – Point non divide l’umanità tra donne e uomini, ma in femminilità e mascolinità, individuando nel primo termine il languente sentimentalismo e nel secondo la brutalità, i quali sono deprecabili presi singolarmente, ma se considerati uniti, costituiscono l’elemento che caratterizza l’individuo. Essendo «L’Aquila» un nudo aggressivo di donna dalle proporzioni maschili, vediamo come la de Saint – Point, per prima in questo contesto, auspichi al mito della donna androgina: «Ciò che manca di più alla donna come agli uomini è la virilità. // Ecco perché il futurismo con tutte le sue esagerazioni, ha ragione». La scrittrice vuole porre fine al mito demetrico: «Basta con le donne che fanno figli solo per sé, tenendoli al riparo da ogni pericolo, da ogni avventura, cioè da ogni gioia, cioè contendendo le loro figlie all’amore e il loro figlio alla guerra!…Basta con la donna piovra del focolare, i cui tentacoli dissanguano gli uomini e anemizzano i bambini […]», e alla donna sentimentale: «Basta con le donne bestialmente innamorate, che svuotano il Desiderio fin dalla forza di rinnovarsi!». La teorica futurista pone l’attenzione sull’istinto femminile che, liberato dalla tenerezza materna, dal languore passionale e dai periodi storici che infiacchiscono, poteva dar vigore agli uomini, in quanto l’essenza della donna è bellicosa e feroce: «Ma gridatele una parola nuova, lanciatele un grido di guerra, e con gioia, cavalcando nuovamente il suo istinto, lei vi precedrà sulla via di conquiste impensate. // Quando vi serviranno le armi sarà lei ad affilarle […]. Donne troppo a lungo sviate dai moralismi e dai pregiudizi, ritornate al vostro sublime istinto, alla violenza, alla crudeltà». L’autrice vide i suoi manifesti ed i suoi scritti pubblicati dai futuristi, poiché le sue idee erano decisamente anticonformiste. Nel 1913 la de Saint – Point pubblica, nel “Manifesto futurista della Lussuria”, il proprio punto di vista sul matrimonio, prendendone le distanze, pur non citando esplicitamente questo tipo di rapporto: «Smettiamo di schernire il desiderio travestendolo sotto le lamentevoli e pietose spoglie della vecchia e sterile sentimentalità. Non è la lussuria che disgrega, dissolve e annichilisce, ma sono le ipnotizzanti complicazioni del sentimentalismo, le gelosie artificiose, le parole che ubriacano ed ingannano, il patetismo delle separazioni e della fedeltà eterna, le nostalgie letterarie; tutto l’istrionismo dell’amore.». Coerentemente con il proprio spirito antiborghese e in sintonia con la scrittrice, Marinetti, nel “Manifesto del partito futurista italiano” del 1918, al quinto punto scrive: «5. Abolizione dell’autorizzazione maritale. Divorzio facile. Svalutazione graduale del matrimonio per l’avvento graduale del libero amore e del figlio di Stato», mentre in “Democrazia futurista” del 1919, descrive il matrimonio come «Il comune purgatorio di tutti i temperamenti rigogliosi e potenti. Purgatorio di peccati inesistenti, logorio di gioventù, tutto in omaggio ad una assurda mentalità negatrice, deprimente, sopraffatrice, che non ammette il trionfale sviluppo della gioia fisiologica e della libertà rischiosa e temeraria.». Marinetti apprezzava le donne che non si riconoscevano nei miti passatisti, infatti sia nella rivista «Italia futurista» che «Roma futurista» trovarono ospitalità gli scritti di futuriste, poetesse e scrittrici alle quali Valentine de Saint – Point aveva dato le basi coerenti con l’avanguardia. Data l’androginia della figura rappresentata, che esprime lontananza dalla donna borghese, è ipotizzabile che questa possa essere una testimonianza di Monti sul dibattito intorno alla figura della donna in ambito Futurista. Il titolo dell’opera rievoca un uccello rapace, ossia da rapina e, partendo dalle dichiarazioni contenute nel “Manifesto futurista della Lussuria” della de Saint – Point, fino a quelle sull’amore libero di Marinetti, è possibile che la donna senza legami coniugali e priva di una morale cristiana, potesse essere considerata come una predatrice di coniugi da quella società borghese a cui Monti era legato. Dal titolo potrebbe quindi trasparire una critica, non troppo velata, a questo tipo di femminilità fuori dalla morale comune. De «L’Aquila» sono noti due studi preparatori, nei quali l’artista si concentra nella definizione della figura alata, che da verticale e quasi angelica, diventa rapace e predatoria.
Maria Luisa Levani