(Montevarchi – AR, 1917; ivi, 1986)
Noto anche con il nomignolo Chiò per l’analoga e straordinaria abilità nell’eseguire elegantissimi disegni nello spazio di pochi secondi che lo accomunano al grande artista giapponese Hokusai, Galeffi è una singolare personalità di artista. I rapporti con scrittori e poeti come Carlo Betocchi, Vittorio Vettori e Danilo Masini, con critici e storici dell’arte come Roberto Salvini, Enzo Carli, Fortunato Bellonzi, Luigi Grassi, Matteo Marangoni e Giuseppe Marchiori, le frequentazioni con il regista Franco Simongini, con la storica galleria “Numero” di Fiamma Vigo e con artisti come Fernando Melani, insieme ai premi vinti alle mostre fiorentine del “Fiorino” e alle partecipazioni ad importanti esposizioni nazionali (biennali di Carrara e Quadriennali romane), fanno di Ernesto Galeffi uno dei più significativi artisti toscani del secondo dopoguerra. Dotato sin dai suoi esordi negli anni Trenta di un essenzialissimo linguaggio grafico, dalla metà degli anni Cinquanta Galeffi si accosta alla scultura raggiungendo una qualità ed una originalità che trova puntuali corrispondenze e suggestioni nella contemporanea scultura europea. Dopo una iniziale riflessione sull’arte di Constantin Brancusi, dalla fine degli anni Cinquanta la scultura di Galeffi acquista toni di assoluta singolarità. Le superfici levigate cedono il passo ad una materia più tormentata, quasi vibrante, uccelli e pesci sono ridotti alla loro essenza scheletrica come fossili di un’era lontanissima, mentre, quasi contemporaneamente, introduce il tema a lui più caro dei “Fedeli d’amore” che lo accompagnerà sino agli anni della tarda maturità creativa. In questa produzione Galeffi manifesta le sue singolari doti di artista in grado di inventare mitologie ed iconografie totalmente inedite, mostrandosi in linea con le contemporanee ricerche totemiche di un Mirko o di un Wotruba. Di questo periodo sono anche una serie di ritratti ed autoritratti di assoluta assonanza giacomettiana. Personalità singolare e di grande fascino, è anche autore di una trentina di piccoli libri sarcastici, con i quali mette alla berlina i luoghi comuni della società di provincia del secondo dopoguerra.
Alfonso Panzetta