Descrizione Progetto
(Studio per «La preda»), (1942)
«Questa opera benché di modeste proporzioni é tra le migliori della produzione ultima del Bortolotti. L’acutezza e la precisione di modellazione e l’efficacia emotiva sono qui unite nella giusta misura sì da creare un’opera d’arte di chiara e sicura efficacia». Con queste lusinghiere parole il pittore e scultore Antonio Giuseppe Santagata descrive in un suo articolo «La preda», presentata nella versione in terracotta al Premio Savoia-Brabante del 1942, edizione in cui Bortolotti vince nella sezione scultura a pari merito con Salvatore Li Rosi. «La preda» partecipa nel medesimo anno al Premio nazionale di scultura Donatello a Firenze, per poi essere riproposta nel 1943 alla “IV Quadriennale” a Roma e, sempre nel corso degli anni Quaranta, a una personale dell’artista tenutasi all’Accademia Tadini di Lovere (1946). Tra i pezzi più significativi realizzati nel corso di un’intera carriera, «La preda» ha partecipato altresì alle più importanti retrospettive dedicate a Bortolotti, come la mostra allestita a Boario Terme (1974) e le esposizioni di San Giovanni Valdarno (1987), Brescia (1988), Montevarchi (1996) e Bienno (2014).
Quest’opera della maturità, la cui versione in bronzo fa parte delle collezioni museali, ritrae un fanciullo che tiene tra le mani, stretto al petto, un uccellino, la sua preda. Lo sguardo, vispo e furbo, esprime fierezza e soddisfazione per la cattura, mentre il corpo acerbo, la levigatezza dell’incarnato e la sintesi volumetrica tradiscono la giovane età del soggetto.
L’opera è legata iconograficamente a «Tobiolo», mezzobusto in terracotta di un giovane che stringe tra le mani un pesce appena catturato nella speranza che non sfugga, realizzato dall’artista l’anno precedente all’ideazione del fanciullo con uccellino (1941).
Nelle collezioni museali si rintracciano due pezzi strettamente correlati a «La preda», ovverosia il suo primissimo bozzetto in terra cruda, che rende evidente come l’idea originaria fosse quella di raffigurare il bimbo seduto e non stante (Inv. SC1027), oltre al particolare del gioioso viso del fanciullo, tradotto in terracotta e sovradimensionato rispetto alla testa del bronzo a figura intera (Inv. SC1047).
Quest’opera della maturità, la cui versione in bronzo fa parte delle collezioni museali, ritrae un fanciullo che tiene tra le mani, stretto al petto, un uccellino, la sua preda. Lo sguardo, vispo e furbo, esprime fierezza e soddisfazione per la cattura, mentre il corpo acerbo, la levigatezza dell’incarnato e la sintesi volumetrica tradiscono la giovane età del soggetto.
L’opera è legata iconograficamente a «Tobiolo», mezzobusto in terracotta di un giovane che stringe tra le mani un pesce appena catturato nella speranza che non sfugga, realizzato dall’artista l’anno precedente all’ideazione del fanciullo con uccellino (1941).
Nelle collezioni museali si rintracciano due pezzi strettamente correlati a «La preda», ovverosia il suo primissimo bozzetto in terra cruda, che rende evidente come l’idea originaria fosse quella di raffigurare il bimbo seduto e non stante (Inv. SC1027), oltre al particolare del gioioso viso del fanciullo, tradotto in terracotta e sovradimensionato rispetto alla testa del bronzo a figura intera (Inv. SC1047).
Roberta Perego