Descrizione Progetto
Sorriso, (1930 c.)
Il «Sorriso» scolpito da Bortolotti è quello impresso sul volto di una giovane donna: un sorriso fresco e brioso, il suo, definito da una bocca dischiusa e da due occhi vivaci, mentre i lineamenti semplici ed essenziali di questo viso rendono universale e assoluto il sentimento di gioia espresso.
Anche quest’opera, come «Gloria» (scheda n. 6), è realizzata con un marmo di Candoglia di elevata qualità, senza impurità né venature. Ma il pregio di questo materiale non risiede unicamente nella rosea bellezza cristallina e nella grande resistenza, ma anche nella sua esclusività. Gian Galeazzo Visconti, fondatore della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, stabilisce di costruire la cattedrale cittadina in marmo – anziché usare il più caratteristico mattone – e proprio per questo motivo, nel 1387, concede alla Fabbrica il diritto di disporre in via del tutto esclusiva delle cave del prezioso marmo che, site all’imbocco della Val d’Ossola, riforniranno il cantiere del Duomo per secoli, sino a giungere ai nostri giorni. Elementi che rendono questo materiale ancor più prezioso e unico sono le difficili e costose operazioni di estrazione (si pensi che la percentuale di marmo utilizzabile arriva al massimo a un quarto di quello estratto) e i lunghi e complessi – seppur gratuiti, proprio per volere di Gian Galeazzo Visconti – trasporti, avvenuti per secoli unicamente attraverso una rete di vie d’acqua; a proposito di quanto appena affermato, basti pensare che lo stesso Bortolotti, al quale la Fabbrica del Duomo commissiona un «San Giovanni Bosco» (scheda n. 46), deve attendere la consegna del blocco di Candoglia per più di un anno.
Quest’opera, esposta unicamente in occasione della retrospettiva dedicata a Timo Bortolotti tenutasi a Montevarchi nel 1996, ha partecipato, nella versione in cera, alla prima personale dello scultore, allestita nel 1935 presso la Galleria Dedalo di Milano.
Anche quest’opera, come «Gloria» (scheda n. 6), è realizzata con un marmo di Candoglia di elevata qualità, senza impurità né venature. Ma il pregio di questo materiale non risiede unicamente nella rosea bellezza cristallina e nella grande resistenza, ma anche nella sua esclusività. Gian Galeazzo Visconti, fondatore della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, stabilisce di costruire la cattedrale cittadina in marmo – anziché usare il più caratteristico mattone – e proprio per questo motivo, nel 1387, concede alla Fabbrica il diritto di disporre in via del tutto esclusiva delle cave del prezioso marmo che, site all’imbocco della Val d’Ossola, riforniranno il cantiere del Duomo per secoli, sino a giungere ai nostri giorni. Elementi che rendono questo materiale ancor più prezioso e unico sono le difficili e costose operazioni di estrazione (si pensi che la percentuale di marmo utilizzabile arriva al massimo a un quarto di quello estratto) e i lunghi e complessi – seppur gratuiti, proprio per volere di Gian Galeazzo Visconti – trasporti, avvenuti per secoli unicamente attraverso una rete di vie d’acqua; a proposito di quanto appena affermato, basti pensare che lo stesso Bortolotti, al quale la Fabbrica del Duomo commissiona un «San Giovanni Bosco» (scheda n. 46), deve attendere la consegna del blocco di Candoglia per più di un anno.
Quest’opera, esposta unicamente in occasione della retrospettiva dedicata a Timo Bortolotti tenutasi a Montevarchi nel 1996, ha partecipato, nella versione in cera, alla prima personale dello scultore, allestita nel 1935 presso la Galleria Dedalo di Milano.
Roberta Perego