Descrizione Progetto
Bimbo che dorme, (1942)
L’opera in questione, di cui esiste anche una traduzione in marmo, figura insieme a «La preda» e «Primula» alla IV Quadriennale romana del 1943; fatto che viene confermato dal cartellino della mostra ancora visibile sul retro della terracotta.
Il bimbo ritratto è il piccolo Cinquini, figlio del puntatore di marmo di Bortolotti, morto in tenera età; l’artista con quella dolcezza poetica, che gli era ormai congeniale, si trova ad affrontare un tema estremamente difficile e triste, tanto più quando si tratta di mortalità infantile, riuscendo, nonostante tutto, a plasmare un’opera di mirabile fattura ed eleganza stilistica.
La scelta di Bortolotti di rappresentare il bimbo profondamente addormentato non è affatto casuale se pensiamo alla diffusa interpretazione, soprattutto tra i popoli arcaici, che dormire fosse una piccola morte, in quanto il sonno rappresenta un allontanamento e quindi una sospensione dalla vita. L’artista ha creato un’opera commemorativa giocando però su una chiara allusione metaforica tra il dormire e il sonno eterno, in modo da rendere meno duro l’impatto di fronte a un soggetto così forte.
Le gambe sono incrociate, mentre le mani sembrano voler afferrare la maglia che, sollevata sopra la pancia, scopre il corpo paffutello; questi dettagli farebbero pensare a un sonno piuttosto agitato e disturbato, aspetto che non trova invece riscontro nel volto che appare particolarmente sereno. Il piccolo è adagiato su un cuscino, di cui grazie ai contorni scavati intorno ad esso, Bortolotti riesce a farne immaginare la morbidezza. Anche la cornice di legno è essenziale nella lettura dell’opera, in quanto rende maggiormente l’idea che si tratti di un lettino, quello in cui il bimbo si è abbandonato al sonno eterno. La versione in marmo compare tra le opere esposte a Bienno nella mostra allestita nel 2014 in occasione dei sessant’anni dalla scomparsa dell’artista e in quella di Milano del 2015.
Il bimbo ritratto è il piccolo Cinquini, figlio del puntatore di marmo di Bortolotti, morto in tenera età; l’artista con quella dolcezza poetica, che gli era ormai congeniale, si trova ad affrontare un tema estremamente difficile e triste, tanto più quando si tratta di mortalità infantile, riuscendo, nonostante tutto, a plasmare un’opera di mirabile fattura ed eleganza stilistica.
La scelta di Bortolotti di rappresentare il bimbo profondamente addormentato non è affatto casuale se pensiamo alla diffusa interpretazione, soprattutto tra i popoli arcaici, che dormire fosse una piccola morte, in quanto il sonno rappresenta un allontanamento e quindi una sospensione dalla vita. L’artista ha creato un’opera commemorativa giocando però su una chiara allusione metaforica tra il dormire e il sonno eterno, in modo da rendere meno duro l’impatto di fronte a un soggetto così forte.
Le gambe sono incrociate, mentre le mani sembrano voler afferrare la maglia che, sollevata sopra la pancia, scopre il corpo paffutello; questi dettagli farebbero pensare a un sonno piuttosto agitato e disturbato, aspetto che non trova invece riscontro nel volto che appare particolarmente sereno. Il piccolo è adagiato su un cuscino, di cui grazie ai contorni scavati intorno ad esso, Bortolotti riesce a farne immaginare la morbidezza. Anche la cornice di legno è essenziale nella lettura dell’opera, in quanto rende maggiormente l’idea che si tratti di un lettino, quello in cui il bimbo si è abbandonato al sonno eterno. La versione in marmo compare tra le opere esposte a Bienno nella mostra allestita nel 2014 in occasione dei sessant’anni dalla scomparsa dell’artista e in quella di Milano del 2015.
Veronica Becattini