(Torino, 1883; ivi, 1958)
Felice Tosalli nasce a Torino nel 1883. Fin da bambino frequenta il laboratorio di falegnameria del padre dilettandosi nel disegno e prendendo dimestichezza con il legno. Dopo gli studi compiuti alla Reale Accademia Albertina di Belle Arti, fondamentale per la sua formazione è il soggiorno parigino (1905-1907), quando ha la possibilità di compiere un’attenta e personale osservazione del mondo animale al Jardin des Plantes e di raffinare la tecnica scultorea in un laboratorio specializzato in restauro e produzione di mobili. Rientrato in Italia, nel 1909, espone alla “LXVIII Esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino” prendendo parte così per la prima volta a una mostra pubblica. Tra il 1907 e il 1915 lavora come scultore, ma anche come gafico pubblicitario, illustratore, litografo e cartellonista per la nascente industria cinematografica.
Nel 1920 entra a far parte del Circolo degli Artisti di Torino dove espone costantemente fino al 1932 e, con l’intensa attività espositiva, tra il 1921 e il 1925 arrivano anche significativi consensi della critica.
Introdotto nell’ambiente della Corte sabauda da S.A.R. la principessa Bona Sancipriano di Baviera di Savoia, Tosalli riceve importanti commissioni, tra cui quella per un «Auriga», destinato a Mussolini, da parte di Filiberto di Savoia. Nel 1928 inizia a collaborare, come scultore ceramista, con la manifattura Lenci, mentre negli anni Trenta è chiamato a lavorare per la casa tedesca Rosenthal. Dopo molti anni di assenza dalla scena espositiva della città sabauda, nel 1935 viene allestita una personale nella Sala d’Arte Lombardi in piazza Castello in cui sono presentati disegni e sculture, perlopiù inedite, di tema mitologico e letterario ovvero di gusto simbolista, oltre ovviamente a sculture lignee raffiguranti soprattutto animali selvatici nei loro caratteristici atteggiamenti che hanno reso celebre Tosalli come originale e raffinatissimo animalier. Muore nel 1958 e l’anno seguente il Circolo degli Artisti di Torino gli dedica una retrospettiva. Nel 1990 viene pubblicata la sua monografia da Alfonso Panzetta.
Federica Tiripelli