Descrizione Progetto
Dioscuro – bozzetto, (1938-1940)
Si tratta del bozzetto che ritrae uno dei due Dioscuri e il suo cavallo, i mitici figli di Zeus di nome Castore e Polluce, che insieme ad Elena furono, secondo una remota leggenda, generati dall’uovo che Leda, sposa di Tindaro, ebbe dalla sua unione con Zeus, trasformato in cigno. Radicati nella religione greca come cavalieri del cielo e quindi divinità della luce, essi trascorrevano infaticabilmente nel cielo sui loro divini cavalli, compiendo le loro gesta sempre uniti: Castore onorato come domatore di cavalli e guidatore di cocchi, Polluce come valente nel pugilato e ideatore di questa disciplina. L’arte antica li ha solitamente raffigurati in nudità eroica, con un mantello dietro le spalle e in testa il pileo conico sormontato da una stella; rappresentati sia a cavallo che accanto ad esso e armati spesso di una lancia.
Bortolotti sceglie di realizzare il suo Dioscuro, sia nel bozzetto che nell’opera finita, privo di qualsiasi ornamento e di quella solennità eroica che solitamente accompagna il tema, con il braccio destro ben disteso lungo il corpo e il sinistro sollevato nel gesto di tenere il cavallo per il morso, tanto che, se non fosse proprio per la presenza dell’animale, sembra di trovarci di fronte a una qualsiasi figuretta maschile.
Il bozzetto in questione, esposto per la prima volta nelle retrospettive di San Giovanni Valdarno e di Brescia, rispettivamente nel 1987 e 1988, poi nuovamente ripresentato nell’antologica di Montevarchi nel 1996, può essere verosimilmente datato tra il 1937 e il 1942; nella mostra di San Giovanni e Brescia il bozzetto del «Dioscuro» compare con data 1937 mentre nel catalogo della stessa retrospettiva bresciana la traduzione in bronzo, di collezione privata, verrebbe fatta risalire al 1938. Al 1942 si data la prima apparizione pubblica dell’opera finita in terracotta al Premio Donatello di Firenze, riproposto tre anni dopo, unitamente al suo pendent, alla personale bergamasca presso la Galleria Tamanza.
Con molta probabilità i due disegni (Inv. OC1777-OC1106) eseguiti a matita su carta lucida, costituiscono gli studi precedenti alla modellazione del bozzetto in esame.
Bortolotti sceglie di realizzare il suo Dioscuro, sia nel bozzetto che nell’opera finita, privo di qualsiasi ornamento e di quella solennità eroica che solitamente accompagna il tema, con il braccio destro ben disteso lungo il corpo e il sinistro sollevato nel gesto di tenere il cavallo per il morso, tanto che, se non fosse proprio per la presenza dell’animale, sembra di trovarci di fronte a una qualsiasi figuretta maschile.
Il bozzetto in questione, esposto per la prima volta nelle retrospettive di San Giovanni Valdarno e di Brescia, rispettivamente nel 1987 e 1988, poi nuovamente ripresentato nell’antologica di Montevarchi nel 1996, può essere verosimilmente datato tra il 1937 e il 1942; nella mostra di San Giovanni e Brescia il bozzetto del «Dioscuro» compare con data 1937 mentre nel catalogo della stessa retrospettiva bresciana la traduzione in bronzo, di collezione privata, verrebbe fatta risalire al 1938. Al 1942 si data la prima apparizione pubblica dell’opera finita in terracotta al Premio Donatello di Firenze, riproposto tre anni dopo, unitamente al suo pendent, alla personale bergamasca presso la Galleria Tamanza.
Con molta probabilità i due disegni (Inv. OC1777-OC1106) eseguiti a matita su carta lucida, costituiscono gli studi precedenti alla modellazione del bozzetto in esame.
Veronica Becattini