Descrizione Progetto
Ritmo di danza antica, (1914)
Gran parte dei prototipi delle opere di Monti furono tradotti in bronzo e questa straordinaria scultura è uno dei migliori esempi. Il modello in gesso è quello utilizzato per la fusione bronzea datata 1914, che nel 1915-1916 fu presentata alla mostra del Circolo degli Artisti di Torino. In seguito a questo evento la Galleria d’Arte Moderna di Torino acquistò la statua (Inv. s/521), dove tutt’oggi conservata. Nel 1952 fu riproposta alla mostra del Centenario della Promotrice torinese.
La vibrante movenza della danzatrice allontana il presente, sciogliendo un’atmosfera vivace dal sapore antico. Le dolci linee del corpo vengono spezzate dalle piegature del velo che lo avvolgono. Lo slancio dell’unico braccio verso l’alto, allunga la statura della danzatrice creando maggiore dinamismo. La gamba portante sembra esser intrappolata dal tessuto, l’altra è libera e priva di peso. Monti fin dal principio aveva chiaramente definita l’impostazione dell’opera che, come si evince dal disegno preparatorio, non presenta divergenze e disuguaglianze rispetto alla soluzione definitiva. La luce inonda l’agile corpo, creando parti di chiaro-scuro come vibranti note musicali che accompagnano la danza. L’opera viene riprodotta sulle pagine di «a b c rivista d’arte» dell’ottobre 1933, nelle quali Reduzzi pubblica un lungo articolo dedicato a Monti.
Nel Castello di Mazzè, nei pressi di Torino, è conservato un altro esemplare dell’opera in bronzo.
La vibrante movenza della danzatrice allontana il presente, sciogliendo un’atmosfera vivace dal sapore antico. Le dolci linee del corpo vengono spezzate dalle piegature del velo che lo avvolgono. Lo slancio dell’unico braccio verso l’alto, allunga la statura della danzatrice creando maggiore dinamismo. La gamba portante sembra esser intrappolata dal tessuto, l’altra è libera e priva di peso. Monti fin dal principio aveva chiaramente definita l’impostazione dell’opera che, come si evince dal disegno preparatorio, non presenta divergenze e disuguaglianze rispetto alla soluzione definitiva. La luce inonda l’agile corpo, creando parti di chiaro-scuro come vibranti note musicali che accompagnano la danza. L’opera viene riprodotta sulle pagine di «a b c rivista d’arte» dell’ottobre 1933, nelle quali Reduzzi pubblica un lungo articolo dedicato a Monti.
Nel Castello di Mazzè, nei pressi di Torino, è conservato un altro esemplare dell’opera in bronzo.
Federica Marrubini